L'opera risibile

L'opera risibile
Autore: Lina Maria Ugolini
Editore: Nuove Edizioni Neopoiesis
Anno: 2000
Età di lettura: Per tutti

" Meglio è di risa che di pianti scrivere,
ché rider soprattutto è cosa umana ".

Rabelais (Gargantua e Pantagruele.)





Questa riflessione si propone d'interpretare l'intermezzo settecentesco utilizzando una prospettiva insolita per gli studi lirici: quella del divertimento e del riso. A tal proposito è sembrato opportuno tenere in considerazione le illuminanti posizioni di Michail Bachtin e di Henrì Bergson . Ci siamo serviti d'alcune idee bachtiane per motivare il successo di pubblico degli intermezzi dovuto a ragioni che secondo noi affondano le radici in un tessuto sociale, come direbbe qualcuno, 'collettivo'. Questa constatazione ha indotto a traslare alcune ipotesi in una dimensione valutativa atemporale governata dalla forza rigenerante del riso.

L'intermezzo rappresentò per il pubblico del Settecento una presenza quanto mai 'rifocillante' rispetto al coevo genere serio. L'indipendenza di questa nuova drammaturgia comica fu legata secondo noi, principalmente ad un bisogno di totale rinnovamento avvertito sul piano sociale. Imponendosi nel giro di pochi anni nel mondo teatrale con un successo clamoroso, l'intermezzo si propose come un'alternativa parallela all'astratto razionalismo della cultura ufficiale. Fu caratterizzato da soluzioni drammatiche mirate a fare ridere gli spettatori. Propose al pubblico un mondo vicino alla realtà di tutti i giorni, in cui era agevole immedesimarsi. Il grande consenso popolare si espresse dunque attraverso il riso, un «gesto sociale» collettivo che, grazie alle petites farces, trovò il modo d'inserirsi a pieno titolo in una società ricca per garbo e fantasia, rigore ed intelligenza, una società che di lì a poco, con la Grande Rivoluzione di fine secolo, avrebbe cercato di ribaltare le proprie strutture.

Considerate tali ipotesi, forse fu proprio un certo bisogno di divertirsi che aleggiava tra le platee a ledere i cardini del sistema aristocratico anzitempo. La realtà legata alla comicità mostrò alla futura Ragione i sentimenti, le voglie, le stranezze di cui potevano essere capaci gli esseri umani. Questo perché nella musica degli intermezzi si poteva trovare la rappresentazione di caratteri e situazioni esilaranti come non mai. La presenza di una forte 'carica risibile' nella scelta dei soggetti, nonché nel loro sviluppo, cementò indissolubilmente la parola al suono conferendo all'azione teatrale una linearità, destinata a lasciare la propria traccia nella storia dell'Opera futura, prima d'allora sconosciuta.

Le idee di Bergson sono servite per analizzare il profilo d'alcune arie d'intermezzi. Considerato il modo ripetitivo con cui queste si alternano ai recitativi è venuto spontaneo equiparare tale avvicendarsi – favorito ed evidenziato dalla totale mancanza storica di concertati – a quei meccanismi che, secondo il filosofo parigino, mettono in moto gli ingranaggi basilari del comico. Da quest'accostamento è scaturita un'idea: la scrittura di una 'proporzione matematica' che sintetizzerebbe la natura altamente comica di questa drammaturgia. A ragione di ciò abbiamo pensato di scegliere per l'intermezzo il nome di Opera risibile.

Per concludere questo lavoro ci siamo permessi d'inserire delle postille finali dove abbiamo ipotizzato certe soluzioni da attuare per un'eventuale messa in scena di un intermezzo. Ci siamo divertiti ad inventare alcuni consigli generali legati ai costumi dei cantanti nonché alla scenografia. Il fine è stato quello di ribadire, attraverso una via del tutto pratica, la teleologia del linguaggio comico.



Confidenza conclusiva

[Il riso di cui abbiamo voluto parlare in questo lavoro non ha proprio il tono di una sbellicante risata. È semmai più vicino ad una certa affezione dell'animo umano (a volte legata ad un preciso compiacimento interiore) che comunemente si manifesta con ciò che viene chiamato, dalla maggior parte di noi, un generoso sorriso. Con il riso quest'ultimo condivide comunque una natura affine, venata – come scrive Bergson – da un impercettibile retro gusto d'amarezza: «Le onde s'incontrano, si urtano, s'accavallano, cercano di equilibrarsi, una spuma bianca, leggera e gaia ne corona i contorni cangianti. Talvolta il flutto fuggente abbandona un poco di spuma sulla rena della spiaggia. Il fanciullo che gioca poco lontano corre per raccoglierla nel pugno, ma un attimo dopo si meraviglia di non avere che qualche goccia d'acqua nel cavo della mano, di un'acqua più salata e più amara di quella dell'onda che l'ha gettata sulla rena. Il riso nasce come questa spuma: annuncia all'esterno della vita sociale le rivolte superficiali e ne disegna immediatamente la mobile forma: è anch'esso una spuma a base di sale; e come la spuma scintilla. Il filosofo che ne raccoglie per assaggiarla, trova talvolta una gran dose d'amarezza in così esigua sostanza».

Il nostro sorriso non è precisamente la spuma dell'onda di cui parla Bergson. È simile piuttosto all'attimo in cui la distesa del mare s'increspa annunciando l'arrivo imminente del vento. All'improvviso sulla superficie dell'acqua si formano delle striature scure chiaramente visibili quando il mare è una distesa immota. Esse anticipano di poco l'arrivo delle onde condividendo con l'immediato frangente una sostanziale parvenza e una durata pressoché esigua. Le scie del nostro sorriso corrono sull'acqua impalpabili e leggere disegnando il mare di lunghe e larghe ombre. Lasciano il sapore acre del sale in balia del vento e del fortuito respiro di chi riuscirà a coglierlo.

L'Opera risibile dunque alla fine di tutto questo farebbe solo sorridere, sebbene con molto brio. Sorridere e risorridere dato che il meccanismo di cui abbiamo discusso è fatto di gesti, di semplici gesti che si ripetono e che in fondo ricordano gli ingranaggi di un giocattolo a carica, un divertente automa supportato d'accompagnamento musicale. Questo nostro sorriso, senz'altro meno sfrontato, ci ha consentito però di riflettere e d'inventare una formula: qualcosa di cui servirsi all'occorrenza].

Lina Maria Ugolini