Processo a Madame Bovary

Processo a Madame Bovary
Come le nuvole l'ineffabile suo malessere

Si consuma la sera
Emma di cera
dove la fiamma
legge la sua notte.

Arde per poco

volge in alto lo sguardo amante
si confida breve la lunga sottana.

Geme la luce
al peso del fiato.

Spente le parole colano fredde
in gocce grigie di perla.

Emma Bovary. A scrivere di lei Gustave Flaubert nel gennaio del 1857. Nel giorno 31 dello stesso mese il signor Ernest Pinard, avvocato della sesta camera del Tribunale correzionale di Parigi, invitava l'autore a comparire a giudizio. Il legale dice Dacia Maraini non obiettò sul fatto che Flaubert avesse descritto la vita inquieta di un'adultera, quanto quello d'aver dato esistenza ad un personaggio di donna indomabile, una prigioniera astiosa di trovare una via di fuga dalle grate di noia del matrimonio. Emma cercava d'immaginare cosa esattamente s'intendesse nella vita con quelle parole, felicità, passione ebbrezza che le erano apparse tanto belle nei libri.

L'esatta conoscenza dell'immaginazione, la precisa consapevolezza di un bisogno legato ai sensi ed al senso del proprio corpo. Così il mistero dell'essere femminile. E poi la realtà presente eppure densa di sogno. Poteva ritenersi colpevole la signora Bovary? Forse doveva solo essere amata dall'amore, non certo dagli uomini. Una ragione inattuabile per una creatura vergata sulla carta ma fatta di carne dal suo autore. Emma nasce per inseguire le nuvole volubili e mutevoli, per desiderale con un cuore caparbio: vapori impossibili da stringere per sempre in un abbraccio durevole.

Questo il senso dell'ineffabile suo malessere in cerca d'anestesia e il bisogno in lei trepido d'esprimerlo al di là delle parole. Dove? In quale spazio? Verrebbe di rispondere, citando il romanzo, in certi luoghi della Terra predisposti a fare attecchire la felicità come una pianta destinata a vivere in un suolo e a morire in un altro. L'occasione di queste sere di lettura offre per ad Emma Bovary, viva sulla scena, anche il rifugio complice di un canto in musica.

Il riferimento riguarda le romanze estratte dal dramma in tre atti e sette quadri Madame Bovary del pucciniano Guido Pannain su libretto di Vittorio Viviani, romanze in cui la musica si offre come un momento capace di dilatare l'anima della donna quel tanto da permettere alle segrete correnti dei suoi languori d'accedere a squarci privati di palpabile desiderio: Adoro il mare / spazia lo spirito liberamente / sulla distesa azzurra / s'eleva l'anima / a sogni d'infinito / in pensieri purissimi di pace. Il 7 di febbraio giunse in aula la celebre dichiarazione di Flaubert: Madame Bovary sono io. Era la confessione dell'arte e l'assoluzione, scontata dalla morte di un brivido indomito, della scrittura.

Lina Maria Ugolini ha scritto alcune liriche
musicate dal Maestro Pietro Cavalieri