(Corto teatrale di costume…)
Sono tante le annotazioni che si possono fare per questo scherzevole e schizzevole rito marino. Partiamo innanzi tutto dalla scelta stilistica.
Le tre donne acconciate, interpretate da una sola attrice impegnata in un ruolo d'esilarante tempismo metamorfico, ed il folle parrucchiere Antonio Ciocca si ritrovano a giocare – tra le pieghe di un piano marino quanto mai ondulante ed ondulato – con una parola poetica comica. Nel comico infatti, l'antico e sempre efficace senso dell'invenzione linguistica che si adegua a variegate circostanze. Dante stesso del resto lo insegnò al mondo definendo per l'appunto 'comico' lo stile plurimo della Commedia (ci siamo permessi di citare con sorridevole riverenza nelle parole dette da Ciocca: «tre donne intono al fohn» anziché cor, la celebre canzone del Convivio).
L'azione del corto affronta il tema della vanità femminile, qualità che l'animo donnesco spesso ubica tra le ciocche delle rispettive capigliature. I capelli rappresentano l'arma più immediata posseduta dal sesso che restar vorrebbe sempre gentil. La cura delle loro chiome, affidata in questa sede ilare ad un Figaro post moderno, acquista il valore di un intervento idoneo a fermare, con appena un'ora di posa… l'inesorabile fluire del tempo. Nuova vitalità acquisita dunque il capello rinato, pronto a far rinascere a novella vita estetica la donna stuccata. Sulla scena ecco spuntare dai flutti tre donne fresche di piega. Ostentano a turno l'estrose impalcature pilifere messe su dall'estro capriccioso del maestro Ciocca.
Le parrucche da noi disegnate e necessarie all'azione svolgono la funzione, sicuramente sorprendente, di dare visibilità al lessico usato per il gioco scenico. La 'buona piega': buona come il pane… quella della 'masticante' veneto-emiliana donna Bionda. 'L'ottima piega': quella segnata dalle ogive di una ancor erotica donna Rossa. La 'giusta piega': quella di una Bruna femmina siciliana che per tradizione locale mostra un altareddu con ciuffo dorico altamente aggettante. Questa vanità dunque è rappresentata nel mare di una domenica di vacanza, una vanità destinata a tradursi per uno schizzo di palla, in caducità eterna. La morale della fabula? Non esiste acconciatura che possa durare. Ma se la cosa può consolare si può sempre chiamare come deus ex machina Antonio Ciocca, «pronto a fornire alle sue clienti più affezionate un servizio estivo nonché festivo di rimessa in piega permanente».
Lina Maria Ugolini